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Treia Porta Cassera

LE MURA

Trea, Montecchio, Treia, ovvero 25 secoli di storia che vanno dall'età romana al medioevo all'epoca moderna. Dalla passeggiata che costeggia le mura il panorama spazia dal Monte Conero ai Sibillini.

Mura turrite che ci riportano al Duecento, i tempi del Beato Pietro da Treia, di cui si parla nei Fioretti di San Francesco, e di Federico II, il cui figlio Enzo tentò invano di espugnarle attraverso Corrado d’Antiochia. I treiesi lo vinsero a Porta Vallesacco che si erge ancora in tutta la sua imponenza come la Torre dell’Onglavina: estremo baluardo della città verso sud, risale al periodo longobardo.

L'impianto urbanistico della città si forma nel XI secolo. I castelli dell'Onglavina, dell'Elce e del Cassero, che sorgevano sui tre colli del paese, erano diventati fortilizi in grado di fronteggiare gli attacchi nemici. Un grande asse lineare sulla sommità del crinale collinare con il punto più basso a nord (Porta San Martino) e con quello più alto a sud (Porta San Michele) attraversava i tre colli che erano raggiungibili da due aspre salite in diagonale, da Porta Vallesacco ad est e da Porta Montana ad ovest, che si innestavano con l'asse principale e si collegavano con una terza diagonale in salita situata nella direzione opposta di Porta Montana. Parallele all'asse principale, tantissime stradine che venivano intersecate dalle diagonali che oggi portano il nome di via Monte Grappa e via Garibaldi. Il paese conservava l'aspetto di un centro agreste, con orti, piccoli vigneti, gruppi di alberi, radure e animali in libertà. Quali vestigia del suo periodo medioevale, Treia conserva ancora alcune torri: la Torre dell'Onglavina (o di San Marco), la Torre del Mulino, la Roccaccia (unico resto del castello di Monte Acuto) ed il Casone, una casa torre che si erge isolata in località Collevago.

 

"Non seppi mai che Treja fosse una città murata; che le Mura di chiamassero cosi perché giravano all'esterno dell'antica muraglia".

 

"Le Mura di levante erano un balcone sinuoso: davanti a ondulazioni collinose, valli di fiumi, vallicelle di torrenti, lontanissimo l'orizzonte: linea interrotta dalla gobba del Conero e da paesi sopraelevati come diademi turriti; brillio di lumi palpitanti la notte. Un incavo nel mezzo della linea riempito da un chiarore: il mare, mai in sintonia col cielo, sempre più chiaro, o più scuro. In quella conca di mare chi aveva vista acuta scorgeva un cupolone come quello di San Pietro: la casa della Madonna".

Da “Giù la piazza non c’è nessuno” di Dolores Prato

 

LE PORTE

E’ passata tanta storia e tanta leggenda dalle porte delle mura di Treia. Come a Porta Montana, dove San Nicola resuscitò un bimbo nel 1271, o come a Porta Vallesacco (monumento nazionale) dove la città, allora denominata Montecchio, sconfisse e fece prigioniero Corrado d’Antiochia nel 1263.
Una lettera datata 31 agosto 1392 ci riferisce di un'estrazione a sorte dei nomi di coloro che sarebbero divenuti custodi delle porte del comune. Da questo documento possiamo dedurre quali e quante fossero in quel tempo le porte d’ingresso a Montecchio. Si chiamavano Porta Nuova, Porta degli Elci (Porta Roma) Porta di Bonasera, Porta San Giovanni (oggi Porta San Martino, che è il punto più basso della città a nord), Porta di Maestro Petruzio, Porta S. Ecidio (che oggi si chiama Porta Garibaldi), Porta Montana, Porta di Maestro Atto e Porta San Michele (l'odierna porta Palestro). Delle nove porte originarie restano oggi porta Vallesacco, Porta Palestro e Porta San Martino, Porta Cassara (che è così chiamata in ricordo dell' antico Castello del Cassero) ha fattezze settecentesche, mentre Porta Roma è una riedizione ottocentesca di una porta risalente al XIV secolo che si trovava nella zona del Castello degli Elci.

 

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