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All’interno della città, in zone centrali ed a ridosso delle mura di levante, nel XIII secolo fu edificata una nuova chiesa che fu dedicata a S. Francesco nell’anno 1300.
La primitiva struttura gotica della chiesa fu ampiamente ristrutturata fra il XVII e il XVIII secolo ad opera dell’architetto Giovanni Battista Rusca da Lugano. Dall’antico edificio che probabilmente all’interno aveva le pareti ricoperte da pitture, sono giunte fino a noi due porzioni di affresco del XVI secolo. Il primo si trova in una nicchia muraria dietro il primo confessionale posto a destra entrando ed è visibile solo spostando le tendine, sedendosi al posto del confessore ed accendendo una lampada predisposta all’uopo. Vi è rappresentata una “Pietà” fatta eseguire nell’anno 1549 che richiama i modi della pittura caldarolese di quel periodo.
Poco più avanti, nell’altare laterale di destra, nel lato sinistro dello stesso è possibile vedere la seconda porzione di affresco, anch’esso risalente alla prima metà del XVI secolo e rappresentante una "Madonna col bambino e Santi", anche questa pittura si potrebbe attribuire probabilmente allo stesso ambito culturale della precedente.
I FRANCESCANI
Le più antiche radici francescane a Treia risalgono al tempo di San Francesco d'Assisi che certamente attraversò questa terra prima del 1221 andando da Forano di Appignano (Macerata) a San Severino Marche. Il primo insediamento dei frati minori a Montecchio, fu presso la chiesina di Santa Margherita, poco distante da porta Vallesacco.
I più antichi documenti che ci parlano di questo conventino sono del 1242 e del 1248 e si trovano presso l’Accademia Georgica. Nella seconda metà del XIII secolo il beato Pietro Marchionni (comunemente detto "Beato Pietro da Treia"), più volte ha dimorato e predicato in quel luogo.
Oggi la chiesa non esiste più e nemmeno il convento; resta solo l'antichissima fontana di Santa Margherita che il popolo ancora chiama la "Fontana dei frati".
SCIENZA
Una delle glorie più fulgide del convento e della città fu il treiese padre Ilario Altobelli (1560-1637), un religioso dotto e pio che predilesse, oltre l'arte oratoria, lo studio delle lingue e delle scienze fisiche e matematiche. La sua vasta cultura e la sua abbondante produzione scientifica lo misero in contatto con i più dotti del tempo, tra cui Galileo Galilei, del quale fu grande ammiratore e intimo amico.
GLI EREMITI
La mistica solitudine di Valcerasa fu luogo abitato dai Clareni, i seguaci del beato Angelo Clareno, rigidi osservanti della regola e della povertà. Lo abbandonarono nel 1629. Oggi una modesta cappellina ne conserva la memoria e una semplice edicola, in un boschetto poco distante, ricorda il luogo dove il beato Pietro Marchionni si ritirava in preghiera.
«Dopo i palazzi Acquaticci e Castellani veniva la chiesa più bella di tutte, San Francesco, una chiesa senza archi, senza colonne, senza pilastri tra i quali le cose bisogna cercarle come se facessero a nascondarella; in questa s'entrava e si vedeva tutto; era un immenso salone col soffitto altissimo, tutta luce, tutta colori, tutta quadri e affreschi, tutta cornici e stucchi dorati, altari, pareti e soffitto. Sapevo che il soffitto l'aveva fatto lo zio, "opera sua" sentivo dire. "Quando stava in cima all'armatura” disse la zia e un 'altra volta, dentro la chiesa: "Quello lassù l'ha fatto lo zio", ma non so se "lassù"era tutto il soffitto o qualche particolare. Adesso non lo so, ma allora lo sapevo: era tutto opera sua e la maggior parte del tempo stavo in chiesa guardando il soffitto. Certo è che indorò, stuccò, dipinse, restaurò, qualcosa fece lassù, sul soffitto, la mano e il cuore di mio zio nella luce sempiterna ...»
Da “Giù la piazza non c’è nessuno” di Dolores Prato