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Treia Chiesa di San Michele

L’origine della chiesa si può collocare anteriormente all’anno Mille, sotto la dominazione longobarda, ne è indizio la dedica all’arcangelo Michele, protettore di questo popolo.
Nel 1357 con i proventi di un’enfiteusi stipulata con il comune si ricostruisce la chiesa che prende le forme attuali.
E’ un impianto planimetrico a tre navate di uguale altezza scandito da pilastri rettangolari ad arcate a sesto acuto, copertura a capriate lignee. Le absidi quadrate concludono le navate ospitando gli altari disposti parallelamente secondo una matrice cistercense, sono coperte con volte in muratura ed illuminate da alte finestre trilobate. Le pareti interne furono reintonacate nel 1828 e nel corso dei restauri successivi sono tornati alla luce lacerti di affreschi di epoca  tre- quattrocentesca. L’altare è costruito a colonnine e ad archi, animati da due tipi di motivi geometrici ispirati agli affreschi scoperti nelle pareti. Al centro dell’abside maggiore è collocata la tavola di Andrea Aquilini da Jesi datata 1525 raffigurante lo sposalizio di Gesù con Santa Caterina d’Alessandria e il Signore che consegna l’anello da sposa alla Santa. Sull’altare di destra la Madonna del Buon Consiglio. A sinistra, sull’altare del Santissimo, la Madonna delle Grazie, porzione di affresco che staccandosi accidentalmente dalla parete rimase miracolosamente intatto. Sono ad esso legati fatti prodigiosi sul finire dell’Ottocento come lo spegnimento di risse o la conversione di coloro che si prostravano ai suoi piedi.
Sia sulle pareti interne che esterne sono collocate numerose lapidi ed iscrizioni di varie epoche e di diversa funzione.
San Michele è stata parrocchia fino al 1991, recentemente ha accolto l’ordine delle Serve di Maria che oggi vi svolgono la loro vita di preghiera, curano e custodiscano lo storico edificio.

 

I LONGOBARDI

Era costume dei Longobardi che ogni castello avesse la sua chiesa: lo testimonia il fatto che a Montecchio, al Castello dell'Elce (dove ora si trova l'ospedale) fu annessa la Chiesa di San Giacomo, andata successivamente in rovina. Il Cassero ebbe la chiesa di Santa Maria a Mare, ossia dell'Assunta (più o meno al posto che oggi occupa il Teatro Comunale), il castrum inferius ebbe la chiesa di San Giovanni Battista (l'attuale cattedrale), tutti santi protettori del popolo longobardo.

 

«San Michele era una chiesa più antica di Scolastica, buia, sguarnita, mattoni, pietra e brandelli di pitture scolorite; il soffitto tenuto su da cavalletti di legno;
niente dorature, niente angioletti, niente odore d'incenso, una chiesa quasi spelonca che Zizì diceva bellissima ...
L'orto annesso era la fine del paese che, come edifici, chiudeva con San Michele e la sua casa. La fine di un paese, per quanto appuntita, è sempre la conclusione di un paese; l'orto di San Michele era quella fine ...
In tutta la mia vita mai avuta a disposizione una campagna grande come quell'orto».

Da “Giù la piazza non c’è nessuno” di Dolores Prato

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