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Treia Museo archeologico

IL MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO

Il museo civico archeologico, inaugurato nel giugno 2004, è allestito presso il convento di San Francesco. Al suo interno sono esposti dei frammenti scultorei, numerose iscrizioni e alcuni reperti egizi di notevole importanza che rendono testimonianza del legame che univa la classica Trea ad alcune civiltà orientali, in particolare, a quella egizia.
L’antica Trea è stata individuata ad 1,5 km dal centro abitato odierno, un’area che corrisponde a quella su cui sorge il santuario del SS. Crocifisso; questa zona ha raccolto il maggiore interesse archeologico da parte di numerosi studiosi, soprattutto per la copiosità dei ritrovamenti. Qui sono venuti alla luce resti di un’area santuariale dedicata alle divinità egizio-orientali di Iside e Serapide, di cui si fa risalire l’impianto alla metà del II secolo d.C.
All’inizio del XX secolo, in questa zona, ci furono importanti scoperte: nel 1902 l’antica chiesa del SS. Crocifisso fu seriamente danneggiata da un incendio e successivamente demolita e ricostruita. In questa occorrenza, vennero riportate alla luce le statuette egizie, reperti di notevole importanza che furono murati sulla facciata del campanile del santuario e vi rimasero fino al 1996, data in cui essi furono rimossi, restaurati per poi ottenere la nuova collocazione museale.

 

IL TERRITORIO DI TREIA DALLA PREISTORIA ALL’ETA’ ROMANA

Le attività di ricognizione ancora in atto da parte del gruppo di lavoro dell’università belga di Gelt hanno sottolineato come, nel territorio di Treia, per quel lungo periodo definito preistoria, la situazione insediativa sia ben più complessa di quello che la documentazione ad oggi disponibile facesse intuire.
Infatti, oltre all’interessante sito neolitico di Santa Maria in Selva, una serie di ritrovamenti di superficie darebbero prova di una frequentazione discretamente articolata anche per l’età del Bronzo, situazione prevedibile per la vicinanza dell’importante sito del bronzo di Monte Francolo di Pollenza e per il rilevante ruolo di nodo viario di collegamento rappresentato da quest’area fra quest’ultimo, quelli di Monte Primo di Pioraco e di Cisterna di Tolentino, rispettivamente sulla vallata del Chienti e del Potenza da un lato e, dall’altro, il sito di Moscosi di Cingoli sul fiume Musone e quelli costieri del Montagnolo di Ancona e di Montatrice di Porto Recanati.
È infatti la viabilità, con il passaggio dall’importante arteria di comunicazione fra l’Adriatico e i passi appenninici, rappresentata dal fondovalle del fiume Potenza, a condizionare la storia del popolamento di questo territorio.
Anche nel periodo noto con il nome di civiltà Picena, malgrado la scarsità di testimonianze, il popolamento si addensa lungo la via di fondovalle e ripercorre il tracciato di quello che diverrà, in epoca romana, il diverticolo della via Flaminia per "Picenum Anconam", di quella via, cioè, che, staccandosi dalla consolare Flaminia a Nuceria Camellaria, l’odierna Nocera Umbra, attraversando il Passo del Termine e proseguendo per "Dubiae" ( di incerta identificazione), "Prolaqueum" (Pioraco) e attraversando il territorio di Trea per "Auximum" (Osimo) fino ad Ancona, finì col rappresentare, nell’Antichità, la più veloce via di collegamento fra Adriatico e Roma.
Lo straordinario rinvenimento dei reperti nei livelli più alti di Santa Maria in Selva, attribuibili al IV sec. A.C. e pertinenti a quell’aspetto culturale celto-piceno-etrusco che caratterizzava gli insediamenti a Nord dell’Esino ribadisce l’importanza di questo asse viario in un momento in cui, forse, la più agevole via dall’interno della regione verso il porto di Ancona poteva essere controllata dalle popolazioni celtiche.

 

IL SITO DI SANTA MARIA IN SELVA

Il sito di Santa Maria in Selva si trova sulla sommità di una collina sulla sinistra del Potenza, nel tratto medio del suo corso. È stato scavato da Delia Lollini della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche negli anni 1961 e 1962.
L’insieme produttivo di S. Maria in Selva pare indicare un contesto culturale del Neolitico recente bene inserito nei circuiti dell’Italia centro-meridionale, caratterizzato da un solido legame con tradizioni più antiche.
Si tratta di tazze e scodelle troncoconiche a pareti rettilinee a profilo rigido, scodelle con anse orizzontali interne con pasticche circolari corrispondenti sulla parete esterna, anse e prese con appendici coniche, vasi globulari in argilla figulina con orlo a collo, decorazioni plastiche circolari e impressioni a puntini su forme composte in argilla figulina.
Altri elementi rimandano ad aspetti culturali occidentali, come l’ansa multipla (detta “a flauto di Pan”), la decorazione graffita o incisa sottilmente disposta internamente in forme aperte, talune forme carenate; o meridionali, come le prese o anse “a rocchetto” tipo Diana o “a tassello” con incisione.
Invece, elementi come le superfici “scabre” e le applicazioni plastiche a cordoni proiettano S.Maria in Selva verso l’eneolitico, l’Età del Rame.
Del resto la presenza di frustoli di rame e una lesina in questo metallo sembrano avere la stessa valenza innovativa ed evidenziare i probabili contatti di questo sito con le arie transadriatiche da cui sembra prevalere la metallurgia.
Anche nell’ambito dell’industria litica, S. Maria in Selva mostra la stessa coesistenza di elementi di ambito più antico con altri che sembrano preparare all’Età del Rame.
Forte è anche la presenza di strumenti in osso, si tratta di punte, punteruoli, spatole, scalpelli, aghi.
I cucchiai sono in terracotta.
I resti faunistici permettono di comprendere che l’economia di questo insediamento era basata in prevalenza sull’allevamento dei bovini, mentre la pastorizia e l’allevamento del maiale avevano un’importanza secondaria.
L’attività della filatura è, infine, documentata dalle museruole e dai pesi da telaio.
È importante anche la presenza di intonaci di capanna su cui è stata riconosciuta l’impronta di cereali (orzo e frumento) che ci permettono di capire cosa venisse coltivato.

 

IL NEOLITICO

Il neolitico rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell’uomo, esso indica un cambiamento importantissimo nei modi di vita e una rivoluzione dell’economia e della tecnologia. Tale processo di evoluzione culturale si verifica gradatamente: parte dal vicino Oriente e giunge in Italia intorno a 7000 anni fa.
Il profondo mutamento, in primo luogo è determinato dall’addomesticazione e dall’allevamento degli animali e dall’agricoltura: l’uomo diventa da predatore a produttore di cibo.
Le nuove condizioni di approvvigionamento fanno sì che l’uomo si leghi alla terra e che diventi dapprima seminomade e poi sedentario. Nascono i primi villaggi localizzati in aree favorevoli per l’agricoltura e l’allevamento. Allo scopo di creare spazi destinati agli insediamenti, vengono disboscate nuove zone con strumenti quali accette ed asce ottenute dalla levigatura di pietre tenere.
Continua la lavorazione della pietra, in particolare della selce, con la tecnica della tradizione paleolitica della scheggiatura, ma con l’introduzione di nuovi strumenti come le punte di freccia o gli elementi di falcetto.
Continua anche la lavorazione dell’osso, ma anche in questo caso, con nuovi strumenti, ad esempio le vanghette usate per lavorare il terreno.
Resti di fusi e telai testimoniano la presenza sistematica della tessitura.
La capacità di spostamento e di commercio è testimoniata, invece, dalla presenza di materie prime e oggetti in località molto distanti da quelle di produzione, è l’esempio dell’ossidiana proveniente dalle isole Eolie ritrovata nelle Marche.
L’uomo del Neolitico raggiunge un alto livello tecnologico che gli permette di realizzare manufatti innovativi come la ceramica. Essa rappresenta l’indicatore-guida delle diverse fasi cronologiche-culturali del Neolitico. Infatti le differenti caratteristiche dei recipienti in argilla permettono di identificare i vari aspetti culturali e i rapporti che intercorrono fra loro.

 

TREIA PICENA

Una necropoli rinvenuta a S. Maria in Selva indizia sul sito una fase di vita databile intorno al IV- III sec. a.C., i secoli che precedono la romanizzazione del territorio.
I reperti emersi dalle tombe documentano un momento particolarmente vivace della storia della città, attestato essenzialmente dalla presenza dei numerosi vasi in ceramica a pasta grigia e di ceramica a vernice nera sia di importazione che di produzione locale, unitamente a ceramica alto-adriatica, anch’essa probabilmente opera di officine del luogo, che consentono sia un’attribuzione cronologica certa del sito, sia di inserirlo in un contesto di centri piceni piuttosto omogeneo, in cui è tangibile la presenza di gruppi celtici.
L’elmo di tipo celto-italico rinvenuto a Treia conferma che la compagine gallica era stanziata in questo territorio con un gruppo di un certo rilievo.
Particolarmente interessante è anche la presenza di alcuni frammenti di ceramica attica, che inseriscono il centro piceno di Treia in un flusso di commerci che, attraverso la vallata del fiume Potenza, confluivano verso i siti della costa, da cui tali oggetti potevano raggiungere l’entroterra.
La ceramica attica indizia inoltre l’agiatezza e i gusti raffinati della committenza, che evidentemente poteva permettersi beni di lusso quali erano i vasi di produzione attica, "status symbol" privilegiato di una colta committenza.

 

 

Apertura a richiesta a cura della Pro Loco Treia

Piazza della Repubblica, 3 – 62010 Treia (MC)

Tel. 0733/215919 - prolocotreia.iat@treia.sinp.net

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