comuni_freccia

Segnala un nuovo punto di interesse

Se vuoi segnalare alla nostra redazione un nuovo punto di interesse clicca qui

Treia Villa "La Quiete" o Villa Spada

PARCO VILLA "LA QUIETE" O VILLA SPADA

La residenza storica “Villa La Quiete”, meglio nota come “Villa Spada”, sorge appena fuori le mura di Treia, in contrada San Marco Vecchio, su una lieve altura da cui si gode un bel panorama fino al mare.
Intorno all'asse di simmetria della villa si svolgono gli elementi del parco, del bosco e dell'atrio, legati dall'analogo tema del tridente.
La zona più elevata del complesso, completamente ricoperta da un bosco di tigli, lecci e querce è percorsa da un tridente di ampi viali collegati da sentieri sinuosi di gusto inglese: i viali laterali conducono fino alle terrazze-belvedere; quello centrale sale fino alla sommità del colle segnata da una rotonda di 15 lecci. Il perno compositivo del tridente è costituito da un’elegante esedra ottagonale ad archi acuti, chiusi, un tempo, da vetrate colorate e coperti da una calotta di rame.
La sorpresa più originale del bosco si trova all’altezza di due anse semicircolari contrapposte, dove sorge un tempietto che, alle rigide forme delle colonne trattate come puri cilindri, contrappone l'ingresso foggiato a tronco di cono che ricorda gli atri delle tombe egizie e che attesta quindi la veloce diffusione di questo stile in Europa, dopo la Campagna di Napoleone.
L'ampio piazzale ellittico antistante la villa costituisce l'anello di raccordo con l'atrio impostato anche esso su un sistema di tre assi convergenti.
Maggiore libertà inventiva il Valadier può esprimere negli spazi circostanti dove crea, secondo la moda corrente, due enormi "ruderi" a coronamento del cancello d'ingresso, e una scuderia impostata su rigide forme geometriche che rimandano immediatamente ai progetti di Ledoux e Boullèe.
Essenze rare, centinaia e centinaia di bulbose fiorifere spandevano i loro profumi nel vasto giardino in cui Lavinio Spada aveva voluto profondere a piene mani le proprie sostanze, creando un Eden incantato in onore della adorata compagna di vita, la contessa polacca Natalia Komar.
Nel 1857 Vittorio Amicucci, giardiniere di Villa Spada, enumerava in una rara pubblicazione a stampa le specie e le varietà coltivate nel parco; il catalogo, curato da Amicucci, contiene un elenco impressionante di piante coltivate: anemoni, azalee, camelie, crisantemi, dalie, garofani, ixia, rose, verbene, viole. Le varietà di dalie e rose all'epoca presenti nel giardino erano centinaia; la collezione di camelie superava le 400 varietà, e nel 1858 si aggiunsero anche collezioni di palme e cicadacee.
Fra gli alberi si scorgono anche numerose costruzioni che contribuiscono a fare di Villa Quiete un caratteristico luogo di delizie; oltre al tempietto di stile egiziano, una voliera neogotica ed una peschiera ricavata sfruttando il dislivello del terreno creano suggestive quinte scenografiche che lasciano trasparire la grande cultura dell'illuminato committente.

 

VILLA SPADA O VILLA “LA QUIETE”

 

La residenza storica “Villa La Quiete”, meglio nota ai treiesi come “Villa Spada”, risulta inserita nel contesto di un parco di circa 29.000,00 mq. caratterizzato dalla presenza di alcuni elementi distintivi della progettazione del Valadier. Passando tra i propilei sormontati da sculture ornamentali, una volta attraversato il cancello neogotico, si accede all’atrio, che costituisce l’ingresso del complesso. L’atrio è impostato su tre viali, che formano un sistema di tre assi  convergenti verso una rotonda, oltre la quale è posta l’area di pertinenza della casa di villa.

È l’unica villa di un certo rilievo attribuita interamente all’Architetto Valadier, ed è ritenuta il suo capolavoro artistico per “l’arditezza nell’unire armoniosamente varie correnti architettoniche, la fantasia nel creare i diversi prospetti della villa ed anche della scuderia, l’ingegnosità nel trovare una soluzione naturale ed elegante al giardino”.

Segue, nelle sue linee essenziali, le antiche “Villae” dei romani, espressione di magnificenza, potenza e ricchezza, come si esprime a proposito di tali dimore lo stesso Valadier.

 

Era vicino al paese, ma più bassa, stava su una collinetta tutta sua. Cancelli e case di custodia erano in basso e un lungo viale alberato allontanava e nascondeva. La villa dedicata alla quiete, distaccata, ma vicina, aveva una sua chiesetta dedicata al dolore. Pareva che tutto fosse stato fatto per essere recinto e chiuso, anche il bosco, e quel che dentro si apriva, restava chiuso alla vista”.

Da “Giù la piazza non c’è nessuno” di Dolores Prato

 

LA STORIA DELLA VILLA

 

Le informazioni di natura storica fanno risalire l’attuale conformazione del bene al 1810 quando, con editto napoleonico, il pre-esistente convento  fu soppresso (al complesso è legata la memoria della Chiesa di San Savino, risalente al 1036, e del Monastero dei Padri Cappuccini edificato nel 1579)  e la costruzione, insieme al terreno (orto e selva) adiacente, fu acquistata da Luigi Angelini.

Quest’ultimo, nel 1815, diede incarico al famoso architetto neoclassico Giuseppe Valadier, che si trovava a Treia per disegnare la facciata dell’Accademia Georgica, di progettare un Casino di  campagna che prenderà il nome di  “Villa La Quiete” ed a lui è riconducibile anche il disegno della sistemazione del parco. 

Villa La Quiete ha avuto notevole importanza anche nel campo della sperimentazione agricola. Da qui l'interessamento da parte dell'Accademia Georgica di Treia, perché al suo interno vi erano delle serre per lo studio di colture sperimentali.

Nel tempo si sono succeduti numerosi proprietari. Nel 1853  la proprietà passò al letterato Lavinio de’ Medici Spada. Con la morte di Lavinio, nel 1864 la villa passò prima al fratello Alessandro, poi al nipote Tommaso e in seguito da questi venduta. Il nome con cui è maggiormente conosciuta, ovvero Villa Spada, deriva proprio dai Conti Spada.

Successivamente l’intero complesso vide alterne vicende legate comunque a periodi meno prosperi della città:

- la villa durante il secondo conflitto mondiale è stata  utilizzata come luogo di prigionia e come comando polacco delle truppe di appoggio alle operazioni di liberazione;

- dal 1960 è stata utilizzata per circa 20 anni come asilo gestito da personale ecclesiastico  e poi come scuola materna comunale, fino al 1982 quando le precarie condizioni dell’immobile costrinsero  lo sgombero dell’immobile.

Con decreto del Direttore Generale del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali del 14 settembre 2000,  ai sensi e per gli effetti dell’art. 61 del D.Lvo n. 490/1999, il Ministero ha esercitato, in favore del Comune di Treia, il diritto di prelazione.

 

IL REGNO DI LAVINIO DE’ MEDICI SPADA

 

Il ruolo primario avuto da Lavinio de’ Medici Spada (personaggio complesso, uomo di lettere quanto di scienza, ma soprattutto illuminato mecenate ed attento collezionista) nella costruzione di Villa La Quiete non è mai stato rilevato sino ad oggi in tutta la sua importanza. Fu lui infatti che commissionò i lavori di sistemazione del parco e delle strutture in esso contenute e fu lui che volle chiamarla “La Quiete”. L’intero complesso, trasformato per ospitare i suoi interessi, è, nelle forme che ad oggi conserva, specchio delle sue aspirazioni, delle sue speranze e delle sue attività.

Egli fu secondogenito del Conte Girolamo Spada e di Giulia de’ Medici e, come consuetudine voleva per i nobili privi dei diritti di primogenitura, a Roma si iscrisse all’Accademia Ecclesiastica: rapidamente acquisì il titolo di prelato concessogli da Papa Leone XII. Con tutta probabilità, non ebbe mai in grande interesse la carriera ecclesiastica che gli si prospettava e che pure lo gratificò con incarichi di prestigio. Non prese mai gli ordini e presto, nel 1848, abbandonò la prelatura per sposarsi con la bellissima contessa polacca Natalia Komar, ritirarsi a vita privata e dedicarsi con metodo e disciplina al suo prezioso otium nella dimora treiese.

 

L’obliar mi giova

beata solitudo

lascia dir le genti

sola beatitudo

 

Questi quattro versi, letti oggi sull’affresco della volta a vela che copre la parte terminale a sud della loggia sul fronte de “La Quiete”, danno la dimensione di quanto fosse divenuto necessario a Lavinio il suo regno. Altresì i versi della poesia La Lontananza, dedicata da Lavinio direttamente alla sua diletta Quiete durante un soggiorno parigino nel 1859, testimoniano quanto il mondo esterno gli fosse divenuto ostile. In definitiva, più che edificare una dimora, Lavinio compone i pezzi di un sogno, dà forma alle sue aspirazioni ed interessi. Crea il suo personale universo affidando ad una cinta di solide mura il compito di proteggerlo dal mondo esterno. Organizza il lato nord del parco nelle geometrie di un tridente, che fa centro sul fronte della villa e che ricalca l’impianto preesistente nella selva a sud. Disegna giardini ed orti, fa costruire una serra, spazi che accoglieranno i risultati dei suoi studi di botanica e di floricoltura e per i quali fece arrivare piante dall’America, dall’Asia e dall’India. L’Abate Emidio Bianchi conta in diecimila le specie di piante e fiori coltivate da Lavinio, tra le quali si distinguevano “una bella e varia famiglia, non mai avuta in Italia, di Fuchsie, Begonie, Camelie, e Pelagroni, da tirare gli occhi de’ riguardanti”. Decisivo fu anche il suo contributo nella realizzazione del “casino che sorge nel mezzo, con bel disegno del Valadier”, del quale si ricorda la regale dovizia di spazi interni. È probabile che nella vita raccolse, catalogò ed espose le collezioni metodicamente composte nell’arco di una vita, da quelle di interesse scientifico, come quella di mineralogia frutto di vent’anni di ricerca a quelle di oggetti d’arte.

La morte della moglie e la conseguente decisione di dare alle fiamme i versi a lei dedicati, sono gli ultimi atti della costruzione di un sistema chiuso e la realizzazione di quell’isolamento romantico necessario ad un uomo stanco delle cose del mondo. Nella volontà di escludere e dimenticare tutto ciò che fosse in grado di perturbare la sua diletta Quiete, si vide costretto ad eliminare i ricordi dolorosi contenuti in quei versi. Una sorta di palingenesi fisica e spirituale. Lavinio lasciò però una porta aperta sul passato, un punto di contatto con il mondo reale. È con feticistico slancio e masochistica nostalgia che fece realizzare all’interno della villa un piccolo ma pregevole Pantheon in memoria della moglie scomparsa.

Con la morte di Lavinio, nel 1864, il “mito” de “La Quiete” si eterna nella finzione di un regno tenacemente voluto e metodicamente realizzato, in quanto la stessa fu prima “dimenticata” dal fratello Alessandro e poi venduta dal nipote Tommaso. Per nessuno dei successivi proprietari fu più una casa dove vivere e trascorrere la propria esistenza: privata di Lavinio, il suo solo sovrano, cadde inevitabilmente in decadenza.

 

 

 

Pianifica il tuo percorso